Si tratta degli ultimi dati diffusi dall’Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa): gli ultimi numeri del Ministero della Salute parlavano qualche anno fa di 60mila randagi in Sardegna su un totale complessivo di 560mila in Italia. Ma ora si registra addirittura un incremento.
Secondo le stime più recenti la cifra è salita a quota 66mila solo nell’isola.
Per l’Aidaa la Sardegna si colloca, dopo la Sicilia e la Puglia, ed insieme alla Calabria, al terzo posto delle regioni con il maggior numero di cani randagi.
Un fenomeno in crescita
La notizia più preoccupante è che il fenomeno non tende a regredire. Infatti secondo gli ultimi aggiornamenti sono in aumento i cuccioli, specialmente di maremmani e simil maremmani. La spiegazione è da ricercarsi nel fatto che intere cucciolate vengono spesso abbandonate dai pastori, e questi ovviamente molto presto, per istinto di sopravvivenza si mescolano con i randagi esistenti e prolificano.
“E’ un fenomeno forse meno conosciuto che altrove – afferma Lorenzo Croce, presidente di Aidaa – perché qui a differenza di altre zone non si assistono a calate di centinaia di cani nei paesi in quanto vivono spesso in branchi nell’interno, ma ciò non toglie che serve una severa politica delle sterilizzazioni e una forte politica di controllo degli abbandoni specialmente da parte dei pastori dei cuccioli”.
La lotta al randagismo
Questo nonostante la regione Sardegna rivolgendosi alle associazioni di volontari, sia intervenuta nella lotta al randagismo qualche mese fa, stanziando contributi per sostenere le campagne di sterilizzazione di femmine di cane.
L’importo stabilito era di 200mila euro, messe disposizione dell’assessorato della Sanità dall’ultima finanziaria regionale. I destinatari di tale iniziativa sono stati rappresentati da tutte quelle associazioni di volontariato attive, senza scopo di lucro, nella lotta al randagismo e controllo delle nascite degli animali di affezione in Sardegna.
Evidentemente resta ancora tanto il lavoro da svolgere.
Alessandra Curreli
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