I cani da valanga stanno lavorando alacremente in questi giorni dove una slavina ha travolto l’Hotel Rigopiano, una struttura da sogno che si trovava ai piedi del Gran Sasso.
Sono stati individuati proprio da loro i primi due uomini estratti vivi dalle macerie, grazie al loro fiuto che ha saputo guidare i soccorritori, che hanno saputo dove e come scavare.
Nonostante il fiuto, comunque, si tratta di una situazione difficile, perché i cani si trovano davanti ad una valanga di neve ma anche di macerie e parti di edificio, che quindi potrebbe trarre in inganno, ma il loro aiuto rimane molto prezioso.
Spesso, si ci chiede se per i cani si tratta di un lavoro stressante, ma gli operatori che li affiancano rassicurano circa il loro equilibrio affermando che per loro si tratta di un gioco, anche se arrivano da un addestramento duro, che inizia quando i cani sono ancora cuccioli.
Inoltre, è bene sapere che si distinguono i cani da fiuto dai cani da ricerca, poiché, in base alle loro esperienze, vengono poi impiegati in situazioni e condizioni diverse: disastri naturali, incidenti di massa, operazioni antidroga, attentati terroristici e azioni di contrasto al bracconaggio.
In ogni caso, si parte dall’olfatto, e a seconda della loro inclinazione, i cani vengono addestrati a discriminare odori precisi, a cercare una specifica sostanza o a seguire un odore venga loro sottoposto, come accade quando ricevono un campione di odore di quella persona.
Il compito dei cani da valanga è molto arduo, perché devono essere abili a passare velocemente da scenari selvaggi a luoghi con edifici o macerie. In questo caso, le razze più utilizzate sono pastori tedeschi, border collie, golden retriever, schnauzer, pastori belga. I più bravi riescono a sentire uomini sprofondati anche quattro metri sotto la neve.
Dato che l’obiettivo comune a molte di queste missioni è di trovare qualcosa, è importantissimo anche scegliere il modo di comunicare con il cane.
In fase di addestramento, si seguono due diverse strade: la prima insegna all’addestratore a riconoscere il linguaggio non verbale del cane nel momento del ritrovamento, mentre l’altra richiede di addestrare il cane ad attuare un’indicazione o un gesto che manifesti l’esito delle ricerche.
In entrambi i casi, ci deve essere una complicità e una conoscenza profonda tra cane e operatore, per potersi capire al volo e non perdere tempo.
Vera MORETTI
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