Ricorderete tutti la drammatica storia di Green Hill, l’allevamento di cani di razza beagle in provincia di Brescia, allevati con l’unico scopo nella propria vita di fungere da cavie nei laboratori di tutta Europa per testare farmaci, prodotti chimici, pesticidi, detersivi e altre sostanze.
L’operazione portata avanti dalla LAV, ed unica nella storia, si concluse con la liberazione di ben 2639 cani, tra fattrici, cuccioli e cani adulti.
Dopo anni di battaglie, si giunse infatti nel 2012 ad una prima clamorosa sentenza con la decisione, da parte della Procura della Repubblica di Brescia, di affidare la custodia giudiziaria di tutti i beagle di Green Hill alla LAV e a Legambiente.
Fu poi la Corte di Cassazione nel 2013 ad accogliere la richiesta della Procura di Brescia che chiedeva a maggiore tutela dei beagle destinati alla sperimentazione animale, che rimanessero con le famiglie che li avevano accolti.
Tra queste famiglie c’era anche quella di Sara Bachetti, mamma adottiva della piccola Ariel.
Erano le 19:30 del 26 luglio del 2012 quando il telefono di Sarà squillò. Era la notizia tanto attesa! La sua richiesta di adozione di uno dei cuccioli di Green Hill era stata accettata e doveva presentarsi l’indomani a Brescia presso la sede della Forestale.
Sara, quando racconta di quei momenti lo fa con gli occhi lucidi per l’emozione e definisce la traversata notturna da Ascoli Piceno, suo luogo di residenza, verso il capoluogo lombardo, come “la corsa più bella della sua vita“.
Quando vide Ariel per la prima volta, la cucciola aveva appena 2 mesi e 13 giorni.
Da quel momento sono passati 4 anni e mezzo ma purtroppo Ariel ancora ne porta i segni. E’ rimasta una cagnolina molto solitaria e diffidente verso gli altri cani.
Sara però non è mai stata sola in questi anni grazie anche al Gruppo “Noi che abbiamo avuto in adozione i cani di Green Hill” fondato da Samanta Stéfano con l’obiettivo di condividere esperienze e sostenersi reciprocamente.
Questa storia ci ha colpito perché, una volta sopito il clamore dei media, è iniziata la parte più vera e difficile e Sarà ha avuto il piacere di raccontarcela. Lo ha fatto col sorriso sulle labbra, dicendo che se tornasse indietro lo rifarebbe mille volte ancora malgrado le difficoltà e la paura di vedersi portare via da una sentenza colei che ormai era parte della sua vita.
Ogni volta che guarda la sua dolce Ariel si chiede dove sarebbe se non fosse intervenuta e questo la ripaga di qualunque sacrificio.
Sara e la sua storia ci ricordano ancora una volta che non abbiamo bisogno di eroi, ma di semplici persone che abbiano il coraggio di impegnarsi.
Buona vita piccola Ariel.
Ottavio Bardari
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