C’è chi, quando smette di lavorare, decide di godersi la pace e la tranquillità della pensione dedicandosi a tutto ciò che ha tralasciato durante le ore, e gli anni, trascorsi lavorando e chi, invece, incapace di stare con le mani in mano, cambia radicalmente la propria vita e accetta le nuove sfide che la vita ha intenzione di proporgli.
Lia Palazzolo ha decisamente scelto la seconda via.
Dopo una vita passata a ballare, lei che era una ballerina classica, e poi ad insegnare, ha deciso di lasciare la città e di andare a vivere nella campagna palermitana “perché io non voglio affacciarmi alla finestra e vedere il palazzo di fronte. Io ho bisogno di spazi aperti”.
Ma, se pensate a lei nel giardino di casa che coltiva rose e sorseggia the, allora vi sbagliate, perché la sua casa è popolata da ben sette cani “ma fino a poco tempo fa erano molti di più. Ora che l’età avanza preferisco dedicarmi a pochi animali ma farlo bene”.
E, per lei, farlo bene significa aver progettato il suo giardino in modo che i cani che tra loro non vanno d’accordo non si incontrino, senza però mettere gabbie e recinti, perché per lei gli animali devono rimanere liberi e seguire la propria natura.
Parlare con Lia è terapeutico, permette di tornare indietro nel tempo, “quando i cani facevano i cani e gli uomini facevano gli uomini. Adesso ci comportiamo in maniera troppo esagerata con gli animali, li costringiamo a mangiare e dormire quando decidiamo noi, dimenticandoci della loro natura di animali predatori e notturni. Nel mio giardino, i cani stanno bene, hanno il pelo lucido e folto e possono abbaiare di notte, se vogliono, senza disturbare nessuno, tantomeno me”.
Nella zona in cui vive, Lia è molto conosciuta, tanto che, se a qualcuno capita, e purtroppo in Sicilia capita spesso, di trovare un cane in difficoltà, chiama lei, che la maggior parte delle volte accorre. “Anche quando non dovrei, anche quando rischio di disturbare cani che vivono con me, infastiditi da nuovi cani, soprattutto se sono cuccioli, non ce la faccio a voltarmi dall’altra parte. Non posso abbandonare un cane che ha bisogno di aiuto”.
Se avesse fatto finta di niente, Ares sarebbe morto, e invece ora è stato adottato e vive felicemente con il suo nuovo padrone. Ares è stato trovato in mezzo alla strada quando era ancora un cucciolo di quattro mesi. Pur essendo un rottweiler, quindi di razza, era stato abbandonato dai suoi padroni, perché era ammalato e probabilmente non pensavano che le cure lo avrebbero salvato.
“Quando l’ho preso dalla strada, aveva una forte emorragia a causa di una brutta gastroenterite. L’odore di sangue era talmente forte che nemmeno il veterinario pensava che avrebbe passato la notte. E invece, la mattina dopo era ancora vivo e, dopo tre giorni, fuori pericolo”.
Dopo la clinica, Ares è andato a casa con Lia, dove è stato messo insieme a Giulia, soprannominata “la baby sitter” dei cani nuovi, specialmente cuccioli, che a volte vengono ospitati da lei. Anche Giulia, come tutti gli altri cani del resto, arriva dalla strada, è stata presa che era malata, diffidente e spaventata, tanto che Lia doveva curarla e lavarla facendole indossare la museruola, finchè la diffidenza si è trasformata in fiducia e poi in amore.
Anche per Ares è andata così: non si faceva avvicinare, un po’ per la storia che si porta dietro, un po’ per carattere, ma ad un tratto Lia l’ha trovato che dormiva addosso a Giulia e, poco più tardi, pronto per l’adozione, è stato preso da un ragazzo che lavora in un maneggio, dove il cane ora scorazza felice.
Non è stato difficile far notare Ares, perché aveva dalla sua due caratteristiche che, quando si tratta di adozione, sanno davvero fare la differenza: era un cucciolo e per di più di razza. Non c’è voluto molto per trovargli una famiglia.
Anche Lia ha confermato quello che da tempo, ahimè, sappiamo: “I cuccioli, specialmente se sono di razza, non hanno problemi a trovare una famiglia, così come, paradossalmente, anche i cani con tanti problemi di salute. I cani paralitici, ad esempio, attraggono l’attenzione e vengono adottati facilmente, perché suscitano pietà e commozione. Quelli invece adulti o anziani, non hanno molte speranze, passano quasi inosservati”.
E, ancora una volta, si ripete ciò che si sa da tempo: i cani adulti non attraggono l’attenzione di chi vuole adottare, anche se, specialmente per chi è alla prima esperienza con un cane, si rivelerebbero i più adatti, perché più facili da educare e, soprattutto, avendo già un carattere definito, non si rischierebbe di avere brutte sorprese arrivando a casa.
Riusciremo a far capire questo? Sarebbe un grande successo e contribuirebbe tanto a migliorare le condizioni dei cani e dei canili.
Vera MORETTI
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